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Crisi in Medio Oriente: quale futuro per la difesa comune europea

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estero parlamento europeo Diritti d'autore Jean-Francois Badias/Copyright 2024 The AP. All rights reserved.
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Di Fortunato Pinto
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La tensione nella regione è diventata un tema principale della campagna elettorale. Si parla sempre più spesso di aumento della spesa militare e di difesa comune europea. L'analista Ispi Francesco Petronella spiega perché l'Unione europea potrebbe avere un ruolo da protagonista nella de-escalation

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La situazione in Medio Oriente resta preoccupante, anche se l'escalation in questo momento è congelata. Israele continua a bombardare Gaza e a scontrarsi con Hezbollah in Libano, ma la tensione con l'Iran sembra essersi allentata. L'Unione europea può avere un ruolo fondamentale nella de-escalation nella regione, ma molto dipenderà anche dal risultato delle elezioni del prossimo giugno.

"L'Unione europea sarà chiamata a rispondere a questa sfida di lungo periodo e se possibile con una maggioranza all'Europarlamento e con un governo alla Commissione europea in grado di intraprendere decisioni che siano forti e il più possibile impattanti su quella che è la realtà", spiega il giornalista e analista dell'Ispi Francesco Petronella. "Non solo adesso con la guerra, ma anche successivamente per trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese nel suo complesso", dice Petronella ai microfoni di Euronews.

Il ruolo dell'Unione europea nella crisi del Mar Rosso

La missione Aspides è dimostrazione della collaborazione tra i Paesi dell'Unione in situazioni di emergenza, ma la difesa comune europea, dopo la guerra in Ucraina e a Gaza, diventa sempre più un tema al centro della campagna elettorale.

"Aspides è stata un buon esempio di quello che può essere la difesa comune europea. Tra l'altro non è la prima missione che l'Unione europea mette in campo in scenari di crisi, molti dei quali sono tra l'altro in Medio Oriente e in Nord Africa, per certi aspetti diversa rispetto da quella che hanno messo in campo gli Stati Uniti, un'iniziativa multilaterale basata anche su interventi proprio nel territorio dello Yemen", dice l'analista Ispi.  "Non dobbiamo dimenticare però che Aspides ha semplicemente il compito di scortare navi e mercantili attraverso le acque del Mar Rosso, mentre Stati Uniti e Regno Unito hanno effettuato dei raid aerei sul territorio dello Yemen. Quindi parliamo di operazioni, se così possiamo dire complementari e allo stesso tempo molto diverse l'una dall'altra". 

Perché si parla di difesa comune europea

"La difesa comune europea è uno di quei temi che periodicamente risalgono agli onori della cronaca, soprattutto quando ci sono problemi all'interno dell'altra architettura di difesa euro atlantica che è la Nato. Con l'avvicinarsi delle elezioni americane, con l'ipotesi di un ritorno di Trump alla Casa Bianca, è chiaro che il tema della difesa europea torna a essere attuale", spiega Petronella. "Trump già durante il suo primo mandato ha detto diverse volte che l'Alleanza atlantica così com'è non va bene. Gli alleati, soprattutto alcuni, dovrebbero spendere di più in base al Pil per quanto riguarda la difesa e quindi solo l'idea, la possibilità - continua l'analista - in un certo senso il timore che Trump possa tornare alla Casa Bianca fa riaffiorare questo tipo di ragionamenti e ci si chiede tuttavia come potrebbe essere formata in effetti una difesa che sia complementare, non concorrente, rispetto a quella della Nato".

I rapporti tra Ue e Medio Oriente, senza dimenticare la Cina

In una regione dove le sensibilità degli attori sono numerose, ci sono sempre più soggetti che intervengono e possono trarre beneficio. Tra questi non manca Pechino, che sta allargando sempre più la sua influenza in Medio Oriente. "Lo abbiamo visto soprattutto l'anno scorso, a marzo 2023, quando Pechino ha fatto da mediatore nel riavvicinamento diplomatico tra l'Arabia Saudita e l'Iran, che sono storicamente considerati come i due più grandi rivali a livello regionale, escludendo ovviamente Israele, e che si contendono in un certo senso il campo islamico. Da un lato un Paese arabo vero e proprio, custode dei luoghi sacri dell'Islam. Dall'altro lato c'è l'Iran con la Repubblica islamica". 

"Gli Emirati Arabi sono poi uno di quei Paesi che non è facile inquadrare secondo schemi molto rigidi della diplomazia e della politica internazionale, perché loro sono dei battitori liberi e si sentono liberi di allacciare rapporti con Israele, con gli accordi di Abramo nel 2020, però allo stesso tempo possono avere buoni rapporti all'occorrenza anche con l'Iran. Non si lasciano ingabbiare in queste categorie", commenta Petronella e aggiunge: "L'Unione europea farebbe bene a prendere atto di queste grandi diversità che ci sono a livello regionale, perché è il pragmatismo a farla da padrone in certi scenari ed è con pragmatismo che bisogna affrontare e approcciarsi a questo tipo di dinamiche".

L'influenza di Roma in Europa dopo le elezioni

"L'Italia ha, storicamente e tradizionalmente parlando, un rapporto privilegiato, con affaccio anche geografico, sul Mediterraneo e su tutte le questioni che riguardano il Mediterraneo vicino, ma anche il Mediterraneo allargato", dice Petronella commentando un'eventuale maggiore peso di Roma nelle politiche europee dopo le elezioni di giugno. "Con un accrescere della presenza e dell'importanza dell'Italia, l'Unione europea potrebbe trascinare con sé il resto dell'Unione europea, perché dal punto di vista mitteleuropeo di una organizzazione che raccoglie Paesi che fanno parte anche della Scandinavia, che sono completamente e geograficamente lontani dal Mediterraneo, è chiaro che le agende possono andare in direzioni diverse - spiega l'analista - L'Italia ha il compito di risuscitare queste determinate sensibilità e di conseguenza anche proporre azioni risolutive, perché l'Unione europea molto spesso, essendo voce di varie voci, a volte si esprime in maniera troppo interlocutoria, troppo ufficiale ,senza incidere poi veramente su quelle che sono le decisioni".

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