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Gaza, nessuna tregua tra Israele e Hamas: "Netanyahu vuole le ostilità", dice ministro palestinese

Il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Maliki
Il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Maliki Diritti d'autore Michael Varaklas/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
Diritti d'autore Michael Varaklas/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
Di Mared Gwyn JonesShona Murray
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Non c'è possibilità che Hamas e Israele raggiungano un accordo per il cessate il fuoco perché Benjamin Netanyahu vuole che le "uccisioni a Gaza continuino", ha dichiarato a Euronews il ministro degli Esteri dell'Autorità nazionale palestinese Riad al-Maliki

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"Lui (Netanyahu) vuole prolungare la guerra. E quindi un cessate il fuoco gli impedirebbe di (...) raggiungere i suoi scopi e obiettivi", ha dichiarato martedì il ministro degli Esteri palestinese, Riad al-Maliki.

I colloqui per una tregua tra Israele e Hamas, con la mediazione del Qatar e dell'Egitto, sono ripresi martedì mentre i carri armati israeliani presidiano già una parte della città di Rafah nella Striscia di Gaza. 

Nello stesso giorno al-Maliki ha partecipato a una riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue a Bruxelles, dove ha spiegato le ragioni del suo pessimismo.

"Netanyahu sa bene che se ci sarà una cessazione delle ostilità (...) gli americani e molti altri interverranno per rendere permanente ciò che è davvero temporaneo (...)", ha spiegato al-Maliki a Euronews, aggiungendo che il premier israeliano sta tenendo l'intera regione "in ostaggio delle sue ambizioni politiche".

Bozza di accordo con Hamas "non basta" a Israele, Netanyahu: "Attacco a Rafah necessario per gli ostaggi"

Da giorni Netanyahu confermava che l'operazione militare a Rafah, annunciata da tempo, sarebbe andata avanti con o senza un accordo con Hamas e nonostante le proteste internazionali che la mossa possa aggravare la catastrofe umanitaria a Gaza.

Martedì il primo ministro di Israele ha aggiunto che "la pressione militare su Hamas è una condizione necessaria per il ritorno dei nostri prigionieri".

Al-Maliki, che rappresenta il governo dell'Autorità Palestinese gestito da Fatah in Cisgiordania, ha avvertito però che la tanto temuta offensiva su Rafah potrebbe scatenare l'instabilità in tutta la regione, compreso il Libano, che l'aviazione israeliana ha attaccato più volte in risposta ai missili lanciati da Hezbollah.

Israele occupa il valico di Rafah, Al Maliki: "Nessun camion di aiuti a Gaza da due giorni"

Israele sostiene che Rafah sia l'ultima roccaforte di Hamas e martedì ha dichiarato di essere in possesso di informazioni che suggeriscono che il valico verso l'Egitto venga utilizzato per "scopi terroristici".

Il valico di Rafah è quello da cui è entrata finora la maggior parte degli aiuti umanitari per la popolazione civile, altrimenti limitati da quanto passa dai valichi con Israele e a quanto viene paracadutato dagli aerei.

Più di 1,4 milioni di palestinesi in questi mesi si sono rifugiati in città, la più meridionale di Gaza, prima di un nuovo ordine di evacuazione lunedì da parte dell'esercito isreliano verso Khan Younis.

Al-Maliki ha dichiarato che nessun camion è stato in grado di attraversare Gaza nelle ultime 48 ore, avvertendo che la situazione è "davvero molto pericolosa", non solo per la minaccia di bombardamenti ma anche per la crescente carestia tra la popolazione di Gaza.

"Potremmo assistere ad atrocità a Rafah. Se così fosse, non sarà solo Israele ad essere danneggiato a livello internazionale, ma anche gli Stati Uniti d'America", ha avvertito il ministro palestinese.

Per Al-Maliki l'Europa è delusa ma ha cambiato posizione su Israele

Lunedì, il capo degli affari esteri dell'Ue, Josep Borrell, ha criticato Netanyahu per aver ignorato gli avvertimenti e avere proceduto ugualmente con l'offensiva a Rafah.

Al-Maliki ha detto di percepire "delusione" e "rabbia" tra le controparti dell'Ue per quella che ha descritto come la "totale violazione del diritto internazionale" da parte di Israele, ma ha anche fatto riferimento ai commenti del capo della Commissione europea Ursula von der Leyen, che in un dibattito elettorale della scorsa settimana ha affermato che un'offensiva di terra a Rafah sarebbe "inaccettabile".

"Se si confronta ciò che ha detto il 7 ottobre e ciò che ha detto negli ultimi due giorni sulla possibilità che Israele attacchi Rafah (...) sta cercando di dire che cercheranno di agire" ha detto al-Maliki.  

Nei mesi scorsi von der Leyen è stata aspramente criticata per la sua esitazione nel chiedere a Israele di moderare le sue attività  militari a Gaza, dove in sette mesi sono morte circa 35mila persone.

Un portavoce dell'Ue per gli affari esteri ha dichiarato martedì che gli Stati membri si riuniranno per "riflettere sulla loro risposta" nel caso in cui le truppe israeliane invadano Rafah. 

Non è chiaro, tuttavia, quali azioni concrete siano sul tavolo, dal momento che le precedenti proposte di utilizzare sanzioni commerciali per esercitare pressioni diplomatiche su Netanyahu non sono riuscite a ottenere il sostegno unanime di tutti i 27 Stati membri.

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Parte dell'Europa e dell'Onu tenta di riconoscere la Palestina

Il rappresentate palestinese ha anche elogiato gli sforzi di Dublino e Madrid per il riconoscimento dello Stato di Palestina, una mossa che farebbe progredire il processo di pace secondo Irlanda e Spagna.

Al-Maliki ha anche nominato Slovenia,  Malta e Norvegia, che non è membro dell'Ue, come alcuni dei Paesi che stanno portando avanti l'iniziativa.

L'Assemblea generale delle Nazioni Unite discuterà, e potrebbe votare venerdì, una bozza di risoluzione a sostegno dell'adesione della Palestina all'ONU, su cui gli Stati Uniti hanno posto il veto il mese scorso al Consiglio di sicurezza.

Lunedì, il ministro degli Esteri belga, Hadja Lahbib,ha dichiarato che il suo governo sosterrà la risoluzione come "primo importante passo sulla strada della pace".

Al-Maliki ha detto di aspettarsi che alcuni Paesi europei avanzino la loro proposta di riconoscimento dello Stato di Palestina "nei prossimi due giorni", mentre il primo ministro irlandese ha dichiarato lunedì che il suo governo, insieme alla Spagna, intende fare progressi sulla loro proposta "molto presto".

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La maggior parte degli Stati membri è comunque riluttante a riconoscere uno Stato palestinese per timore che questo comprometta la loro posizione di solidarietà con Israele.

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